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Nella legislatura appena terminata la sicurezza europea è stata più volte messa in discussione da attacchi terroristici efferati. L’impegno per garantire la pace nel mondo, con la guida delle Nazioni Unite e della Nato, costituisce per noi un elemento imprescindibile. Siamo grati alle forze armate e alle forze dell’ordine per il lavoro quotidiano che svolgono con passione, dedizione e tenacia. La consapevolezza del pericolo non può tuttavia farci rinchiudere in un mondo di muri e di paure. Per questo guardiamo con favore a tutte le modalità di lotta contro le paure, umane e comprensibili, che colpiscono soprattutto alcune fasce della popolazione.
In questo senso, mentre ribadiamo il nostro impegno in patria contro tutte le forme di illegalità, a cominciare dalla criminalità organizzata di stampo mafioso, e all’estero nelle missioni cui partecipa il nostro Paese, sottolineiamo l’importanza di investire anche in cultura, educazione e cittadinanza attiva. Nessuno può immaginare che finanziare un teatro o un museo sia parte di una strategia di pubblica sicurezza. Ma rivendichiamo l’intuizione che ha portato il nostro governo, dopo il Bataclan, ad affermare il messaggio: “per ogni euro investito in sicurezza, un euro andrà investito in cultura”. Si tratta della rottura del paradigma securitario fine a sé stesso e, viceversa, di una gigantesca scommessa sul valore identitario della cultura nel nostro tempo.
In questa luce, il “Grande Progetto Pompei”, la riorganizzazione dei musei, la legge sul cinema, gli investimenti nello spettacolo dal vivo, la stessa App18 sono il simbolo di un modello italiano di sicurezza che si fonda sulla straordinaria professionalità delle nostre donne e dei nostri uomini che vestono una divisa ma che si allarga al progetto di comunità nelle periferie, nei centri abbandonati, nelle città. Vogliamo far crescere gli investimenti in cultura e in sicurezza allo stesso modo, arrivando nell’arco di una legislatura al 2% del Pil. E pensiamo che sia necessaria una battaglia culturale per affermare – in nome dello Ius Culturae – la necessità di vincere la paura e di concedere la cittadinanza a chi, nato in Italia, si attiene alle regole e ai percorsi scolastici, culturali, linguistici che il nostro Paese offre. Pensiamo che l’occasione di Matera capitale della cultura nel 2019 sia una strepitosa opportunità per ribadire questi valori in tutto il Paese e in modo particolare nel Mezzogiorno, terra ricca di opportunità culturali non sempre valorizzate a sufficienza.
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